La_leggenda_della_croce_di_San_Liberatore

Il Monastero Romitorio di San Liberatore si erge sull’omonimo rilievo montuoso a circa 460 metri d’altitudine sul libello del mare. Da quella collina si gode di uno splendido panorama che abbraccia Vietri, Salerno e le valli ed i valichi montani vicini a Cava.
La leggenda vuole che la sua costruzione risalga ai tempi delle incursioni saracene sulle coste del litorale salernitano, intorno all’anno mille. Cinque fanciulle scapparono fin li per sfuggire all’ira sanguinaria dei mori, imbattendosi così in un’antica Chiesa. Interpretarono quello come un segno del destino, così presero i voti e parte di quella struttura fu adibita a convento. Un’altra leggenda invece racconta di una seconda incursione dei saraceni, che riuscirono ad arrivare fino alla vetta dell’Eremo. Questa volta entrarono nella Chiesetta. Lì violentarono ed uccisero le suore che vi risiedevano, portando poi, sulle loro lance, le teste sgozzate per intimorire la popolazione locale. Fu proprio in ricordo a quella strage che venne costruita l’enorme croce, che ancora oggi si vede da tutta la città di Salerno e che di notte gode di un’imponente illuminazione.
Come spesso avveniva per i monasteri isolati che si inerpicano sui monti, anche l’Eremo di San Liberatore è stato meta di rifugio per alcune personalità importanti inscritte nel panorama politico dei secoli passati. Diverse figure di questo calibro, anche di livello internazionale, hanno chiesto ospitalità e rifugio nel Santuario.
E difatti, un’altra leggenda attinente a questo suggestivo luogo di culto narra di una figura incappucciata, che nel lontano 1648, chiese ospitalità al monastero. La misteriosa figura disse di venire dalla Francia e che stava scappando per motivi politici. Non volle mai rivelare la sua identità, né tantomeno svestirsi del lungo mantello che la occultava. Dopo qualche giorno fu però raggiunta dai suoi inseguitori, e fu allora che morì tra le lame dei suoi carnefici. Si trattava di una nobildonna francese. Il territorio di San Liberatore si sporcò del suo sangue, e il suo cadavere venne seppellito nel cimitero sul retro dell’Eremo, insieme ai resti delle monache.
La costruzione è tutt’oggi presente, anche se non è agevole arrivarci. Si tratta di un complesso fatiscente ma nel contempo molto suggestivo. Esso è accessibile solo a piedi, tramite un impervio sentiero roccioso di montagna, immerso in una vegetazione di macchia mediterranea.
Attualmente l’edificio è costituito da due corpi: uno occupato dalla chiesa con sottostante e  poi       l’ antico convento, costituito da due celle con cucina annessa. La chiesa è caratterizzata da una struttura molto semplice, ed è costituita da una unica navata centrale con altare in marmo e con un dipinto di recente fattura che ritrae il Cristo.
L’altro corpo del complesso, di forma parallelipeda e di altezza totale di circa otto metri, è costituita da due livelli uno inferiore con accesso da una scala costituito da due ambienti di cui uno occupato da un forno. Il piano superiore invece è costituito da un unico ambiente.
L’architettura del complesso è molto semplice, di natura agreste ma grazie alla sua felice posizione paesaggistica  rende il monastero da sempre una meta per escursionisti e persone desiderose di solitudine e amanti della natura.
Ma c’è dell’altro. Il clima di abbandono e solitudine che lo caratterizza rende il posto inquietante e sinistro. Dietro la Chiesa poi, si può notare il cimitero nel quale venivano seppellite le suore, altro elemento che rende l’atmosfera ulteriormente tetra.
Un posto, che per qualche motivo, sembra portare alla follia. Molte sono infatti i resoconti riportati che riguardano suicidi di suore, che hanno preferito lanciarsi nel vuoto, piuttosto che vivere sull’Eremo. Le cronache riportano infatti di numerosi suicidi, avvenuti nel corso dei secoli delle monache che vi si ritiravano in isolamento. Un clima di isolamento che evidentemente risultava troppo difficile da sopportare per le povere monache. Un atmosfera pregna di solitudine e morte, dove il sangue versato ancora echeggia tra le mura e tra i boschi.

(tratto da http://www.occhiodisalerno.it)

Creata da lazzaro94 Mercoledi 10 Novembre 2010 alle 11:12:1

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